sabato 21 settembre 2013

GAETANO DONIZETTI: “Raggio d’amor parea”


Raggio d’amor parea

nel primo april degli anni

Ma quanto bella ell’era

maestra era d’inganni

Sul volto avea le rose

le spine ascose in cor.

vieni, l’antico amore m’arde le fibre,

ingrata, vieni, mi mi svena il core,

tiranna idolatrata,vieni, mi svena, ingrata,

così morrei d’amor.

Testo e Musica

Nel brano, che presenta una certa drammaticità, si alternano nobiltà e dolore, attraverso un sapiente uso del legato e di frasi spezzate, testimonianza della capacità raggiunta ormai da Donizetti nel padroneggiare le risorse sia armoniche sia melodiche. La melodia fu composta quando Donizetti era ancora studente, ma poi venne riutilizzata ed inserita nell’opera Ugo conte di Parigi, nel 1832, e poi anche ne Il furioso all’isola di San Domingo (1833), proprio su libretto di Jacopo Ferretti, da una commedia anonima su Don Quixote.

Poeta

Il poeta che compose il testo da cui trasse ispirazione il compositore lombardo fu Jacopo Ferretti. Nato a Roma il 16 luglio 1784, egli fu un letterato estremamente prolifico nei generi più disparati, scrisse anche numerosi libretti d'opera, tra gli altri per Rossini, Donizetti, Zingarelli, Mayr, Mercadante e Pacini. Introdotto precocemente dal padre allo studio della letteratura, Ferretti, già in giovane età, padroneggiava, oltre al latino ed al greco antico, anche l'inglese ed il francese ed iniziò anche molto presto a verseggiare: sebbene, intorno ai trent’anni, trovasse impiego presso la manifattura tabacchi (occupazione che svolgerà praticamente per tutta la vita), ebbe tuttavia modo di essere uno scrittore estremamente prolifico, spaziando fra i diversi generi, fino ai più curiosi – dalle lettere d’amore ai discorsi d’augurio e benvenuto; la sua fama rimane comunque legata ai libretti d’opera, anche se molti di essi sono ad oggi dimenticati. In tale campo, il suo maggiore successo è senza dubbio il libretto de La Cenerentola, ossia la bontà in trionfo, scritto per essere messo in musica da Gioacchino Rossini. In verità l'opera, il cui debutto avvenne il 25 gennaio 1817, ebbe una prima accoglienza alquanto fredda ma, dopo le prime repliche, altrettanto sfortunate, crebbe rapidamente in popolarità e, anche internazionalmente, conobbe un successo tanto travolgente da essere preferita allo stesso Barbiere, almeno per tutto l'Ottocento. Malgrado alla fine le parole del compositore si avverassero in pieno, la collaborazione fra i due non andò però molto avanti: Ferretti scriverà per il maestro pesarese un solo altro libretto la Matilde di Shabran nel 1821. Quantitativamente maggiore fu invece la collaborazione con il maestro Gaetano Donizetti per cui Ferretti, fra il 1824 ed il 1833, scrisse ben cinque libretti: Zoraide di Grenata, L’ajo nell’imbarazzo, Olivo e Pasquale, Il furioso nell’isola di San Domingo e Torquato Tasso. Ferretti aveva sposato una cantante, Teresa Terziani, figlia del - all’epoca assai noto - compositore Pietro: la loro casa era quindi ritrovo di poeti e di musicisti fra i quali, appunto, Donizetti di cui Ferretti, oltre che collaboratore, fu buon amico. Sul versante delle amicizie letterarie, Ferretti poté vantare non solo l’amicizia ma, in seguito, anche l’affinità, con uno dei più grandi personaggi della cultura letteraria romana ed italiana dell’Ottocento: Giuseppe Gioachino Belli – più giovane di sette anni e suo consocio prima all’Accademia degli Elleni (di cui Ferretti fu fra i soci fondatori) e poi in quella Tiberina - sarebbe diventato infatti consuocero di Ferretti, avendo suo figlio Ciro Belli sposato la prima delle tre figlie del poeta, Cristina (a lei Belli, suocero affezionatissimo, dedicherà l’ultimo dei suoi 2279 sonetti romaneschi). Proprio da una lettera di Belli del 10 marzo 1852, si desume la morte del poeta dopo “lunghissima e tormentatissima infermità di 11 mesi e quasi un mese di aspra agonia”.

Compositore: alcune informazioni fondamentali.

Gaetano Donizetti nacque a Bergamo nel 1797 da una famiglia di umile condizione, fu ammesso alle lezioni caritatevoli di musica tenute da Johann Simon Mayr e dimostrò ben presto un talento notevole, riuscendo a rimediare alla modesta qualità della voce con i progressi nello studio della musica. Fu proprio Mayr ad aprire all'allievo prediletto le possibilità di successo curandone prima la formazione ed affidandolo poi alle cure di Stanislao Mattei. A Bologna, dove proseguiva gli studi musicali, Donizetti scrisse la sua prima opera teatrale, Il Pigmalione, che sarà rappresentata postuma, e interessanti composizioni strumentali e sacre. Ancora il maestro Mayr, insieme all'amico Bartolomeo Merelli, gli procurò la prima scrittura per un'opera al Teatro S. Luca di Venezia: andrà in scena Enrico di Borgogna il 19 novembre 1818. Conclusa l'esperienza veneziana, il compositore fu a Roma, presso l'impresario Paterni, come sostituto di Mayr. Successivamente si recò a Napoli per supervisionare l'esecuzione di Atalia di Mayr, oratorio diretto da Gioachino Rossini. A Napoli venne assunto dall'impresario Barbaja e debuttò il 12 maggio del 1822 con La zingara, opera semiseria su libretto del Tottola. In sala era presente Vincenzo Bellini, che rimase ammirato dalla scrittura contrappuntistica del settimino. Questo periodo fu caratterizzato dalle numerose farse. La lettera anonima, andata in scena nel giugno del 1822 al Teatro del Fondo, attirò l'attenzione della critica, che apprezzò la padronanza con cui Donizetti affrontò il genere buffo napoletano. Il contratto con Barbaja lo impegnò per quattro opere l'anno. Il periodo che seguì fu caratterizzato da un periodo di crisi, che Donizetti superò grazie alla collaborazione di Jacopo Ferretti, il quale lo aiutò a delineare uno stile personale. L'amicizia e la collaborazione professionale con Ferretti durarono a lungo, destando in lui il gusto per la parola e rassicurandolo sulla possibilità di scrivere libretti anche da solo. Negli stessi anni dovette preoccuparsi del mantenimento della moglie Virginia, sposata nel 1828, ed ebbe il dolore della perdita del figlio primogenito. La produzione fu spesso di routine. Fu nel 1830, con Anna Bolena, scritta in soli trenta giorni per il Teatro Carcano di Milano, che Donizetti ebbe il primo grande successo internazionale, mostrando una piena maturità artistica. Di qui in poi, la vita professionale di Donizetti proseguì a gonfie vele, anche se non mancarono i fiaschi, intrecciati a vicende famigliari che non gli risparmiarono alcun dolore, spesso nei momenti di maggior gloria. Ricevette poi l'invito di Rossini a scrivere un'opera per il Théâtre des Italiens di Parigi: nacque il Marin Faliero, su libretto di Bidera (da Byron), risistemato da Ruffini, che andò in scena il 12 marzo 1835 senza successo. Nel 1982, al Teatro San Carlo di Napoli, vi fu la prima di Lucia di Lammermoor, su versi di Salvadore Cammarano, che fu un grandissimo trionfo. L'opera è considerata un capolavoro, come al solito scritto in tempi ristrettissimi (trentasei giorni). Presto Donizetti si decise a lasciare Napoli: i problemi con la censura per il Poliuto (che alla fine non andò in scena, e fu rappresentato solo dopo la morte del compositore) e la mancata nomina a direttore del Conservatorio (di cui era direttore effettivo) sicuramente lo rinsaldarono nei suoi propositi, e in ottobre era già a Parigi. Qui era ad accoglierlo l'amico Michele Accursi. In quegli anni le sue opere furono rappresentate ovunque, sia in traduzione che in lingua originale presso il Théâtre des Italiens. Scrisse La fille du Régiment, che debuttò all'Opéra-Comique nel febbraio del 1840, e preparò una versione francese del Poliuto, intitolata Les martyrs. L'anno seguente scrisse La favorita, riciclando pagine di un'opera mai conclusa: L'ange du Nisida. Ricevette anche l'importante nomina a cavaliere dell'Ordine di S. Silvestro da parte di  papa Gregorio XVI, ma fu l'invito di Rossini a dirigere l'esecuzione dello Stabat Mater a Bologna l'avvenimento più significativo. Quindi, grazie ad una raccomandazione per Metternich vergata da Rossini stesso, Donizetti partì alla volta di Vienna, dove il 19 maggio presentò Linda di Chamounix. Si era ormai giunti al 1843, anno di composizione del Don Pasquale. Furono gli ultimi momenti di grande fervore creativo, poi la malattia ebbe il sopravvento. Dalla penna del Maestro uscirono ancora Dom Sebastien, che ottenne grande successo a Parigi, e Caterina Cornaro, che fu fischiata, con gran delusione di Donizetti, a Napoli. Poi la pazzia, provocata dalla  sifilide, lo fece rinchiudere nel manicomio di Ivry, da cui uscì solo qualche mese prima della morte.

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